La Federazione Il Jazz Italiano ha intervistato Mario Piatti, pedagogista del Centro Studi Maurizio Di Benedetto (CSMDB) e direttore di Musicheria.net.
Ha iniziato la pratica musicale a otto anni, seguendo corsi di fisarmonica e continuando poi gli studi musicali privatamente. Si è laureato in Pedagogia all'Università di Firenze. È stato docente di 'Pedagogia musicale' nei Conservatori di musica dal 1982 al 2009 e alla Scuola di musicoterapia di Assisi. Dai primi anni '80 a oggi ha collaborato, tenendo relazioni e laboratori, con Istituzioni, Direzioni Didattiche, Enti Locali e Associazioni per l'aggiornamento e la formazione degli insegnanti. È stato vicepresidente dell’Associazione Il Jazz Va A Scuola dal 2019 al 2022. È membro del Comitato scientifico e formatore del Centro Studi Maurizio Di Benedetto (CSMDB). Dirige la rivista online Musicheria.net e la collana 'Musica&Didattica' delle edizioni ETS di Pisa. Ha pubblicato alcuni dischi di canzoni su testi di Gianni Rodari e propri (Ed. PCC-Assisi) e diversi volumi di pedagogia e didattica della musica tra cui si segnalano: M. Piatti (a cura di), 'Pedagogia della musica: un panorama', Clueb, Bologna, 1994; M. Disoteo, M. Piatti, 'Specchi sonori. identità e autobiografie musicali', FrancoAngeli, Milano, 2002; M. Piatti, E. Strobino, 'Grammatica della fantasia musicale. Introduzione all’arte di inventare musiche', FrancoAngeli, Milano, 2011; M. Piatti, E. Strobino, 'Musicascuola. Riflessioni e proposte per la scuola dell’infanzia e primaria', ETS, Pisa, 2013.
Quando hai scoperto la tua passione per la musica?
A dir la verità non saprei indicare un momento preciso; sta di fatto che in occasione del mio ottavo compleanno i miei genitori mi regalarono una fisarmonica a 48 bassi e trovarono un amico che mi dette le prime lezioni sullo strumento, Visto che la cosa mi piaceva, babbo e mamma mi iscrissero alla scuola di musica comunale dove passai sotto le forche caudine del famoso “metodo Bona” di solfeggio. Ma il piacere che provavo a suonare e a inventare “pasticci” sullo strumento mi fecero superare le fatiche dello studio teorico. Ho continuato quindi a suonare e a studiare da autodidatta, trovando sostegno anche da parte di amici e conoscenti. Negli anni del liceo mi sono cimentato anche nello studio e nella pratica della composizione, con qualche apprezzamento anche da persone competenti. Poi mi sono appassionato alla musica popolare, alla word music, al jazz, alla musica improvvisata, tanto da cimentarmi con gli amici Paolo Lotti e Guido Bresaola in performances di improvvisazione, confluite poi nell’LP Suonimmaginazionequotidiana che ha avuto una prestigiosa presentazione di Gino Stefani. Insomma, mi piacciono “le” musiche, non la musica.
Come ti sei avvicinato agli studi pedagogici?
Finito il liceo classico durante il quale ebbi modo comunque di studiare privatamente il pianoforte e la composizione, nei primi anni ’70 del secolo scorso mi sono interessato all’animazione teatrale nei quartieri di Firenze, leggendo e studiando vari autori. Fu inevitabile quindi l’iscrizione all’università per approfondire le mie competenze in ambito pedagogico, antropologico, sociologico. Nel contempo cercai di approfondire anche le mie conoscenze nel settore della didattica della musica, svolgendo anche attività di animazione musicale nelle scuole fiorentine, come ho documentato anche nella mia “quasi autobiografia” Musica: educazione-animazione-formazione (FrancoAngeli, 2012).
Hai formato numerosi musicisti docenti: come si è evoluto l'interesse dei musicisti al mondo della didattica?
Credo che un anno di svolta importante sia stato il 1979 con l’emanazione dei nuovi programmi d’insegnamento per la scuola media e l’obbligo dell’insegnamento di “Educazione musicale” nei tre anni. Molti musicisti, anche se digiuni di pedagogia e didattica musicale furono ingaggiati per coprire le cattedre. Da lì, in molti si trovarono nella necessità di frequentare corsi di aggiornamento e vera e propria formazione sulle diverse metodologie. In quegli anni poi si moltiplicarono i corsi di Didattica della musica nei conservatori finalizzati proprio alla formazione dei docenti. I corsi poi si trasformarono in Scuole di Didattica della musica il cui titolo finale divenne anche, nel 2002, abilitante per l’insegnamento. Questo fece sì che molti musicisti frequentassero questi corsi per avere una possibilità in più di lavoro, anche nell’ambito dei corsi attivati nelle SMIM (Scuole Medie a Indirizzo Musicale), visto tra l’altro le difficoltà di essere ingaggiati in orchestre e di svolgere la libera professione in campo musicale. Nel contempo, soprattutto grazie al lavoro di molte associazioni, si andò sviluppando l’interesse per la formazione musicale fin dalla prima infanzia, offrendo quindi la possibilità di lavoro anche nelle scuole dell’infanzia ed elementari. A livello generale, poi, in molti si son resi conto che la formazione e l’educazione musicale non era qualcosa che riguardava solo la scuola dell’obbligo, ma che poteva essere introdotta anche nelle scuole superiori: sono nati così i licei musicali, i cui docenti si son ritrovati a dover affrontare nuovi problemi metodologici. Tutto questo movimento ha fatto sì che, anche da parte dei musicisti, si approfondissero le tematiche pedagogiche e metodologico-didattiche relative all’insegnamento e all’apprendimento della musica, nella convinzione che non basta saper suonare bene uno strumento per essere dei bravi insegnanti, soprattutto nei contesi della scuola di tutti.
Quali percorsi consigli a chi si vuole avvicinare alla didattica in ambito musicale?
Secondo me ci possono essere due percorsi: uno più istituzionale, rappresentato dai corsi delle Scuole di didattica della musica attivati nei Conservatori; l’altro che definirei di tipo “autodidattico”, frequentando i tanti corsi e seminari che molte Associazioni del terzo settore propongono in continuazione, o anche studiando e leggendo autonomamente le molte pubblicazioni di carattere pedagogico e metodologico pubblicate in varie collane editoriali e in alcune riviste specificamente dedicate alla didattica musicale, come ad es. Musica Domani (https://www.musicadomani.it) o Musicheria.net (https://www.musicheria.net).
Com'è cambiato il mondo della didattica musicale in Italia?
In forma telegrafica direi che è cambiato in meglio. Spesso si sentono personaggi famosi esprimere opinioni negative sulla situazione dell’educazione musicale nelle scuole italiane esaltando invece quanto viene fatto all’estero. Tali opinioni in realtà documentano solo l’ignoranza di tali personaggi su quanto si fa di bello e di buono in tante scuole pubbliche ma anche nella maggior parte delle scuole gestite dalle associazioni del terzo settore, attività spesso documentate in vari siti, come ad es. quello dell’Indire gestito in collaborazione con il Comitato nazionale per l’apprendimento pratico della musica per tutti gli studenti (https://lamusicaunisce.indire.it). Anche nel campo della pubblicistica esistono diverse collane che propongono materiali didattici interessanti sia per la pratica strumentale e corale, sia per la progettazione dei curricoli nei vari ordini di scuola. Mi permetto di segnalare ad es. le collane Idee e materiali musicali (Ed. FrancoAngeli) e Pedagogia dell’invenzione musicale (ed. Progetti Sonori) del Centro Studi Maurizio Di Benedetto (CSMDB).
Sei autore di canzoni basate sui testi di Gianni Rodari: come lo presenteresti ad un adulto che non ha mai avuto l'opportunità e la fortuna di conoscere la sua poesia?
Gianni Rodari (1920-1980) è una figura fondamentale nella storia culturale, letteraria e politica del novecento. È stato soprattutto giornalista, lavorando prima all’Unità e poi fino alla morte a Paese Sera curando diversi settori, tra cui il corsivo giornaliero Benelux e varie rassegne bibliografiche. In molti lo ricordano forse per le sue Filastrocche in cielo e in terra o per i suoi racconti pubblicati in libri quali Favole al telefono, o Il libro degli errori, La torta in cielo, C’era due volte il barone Lamberto e tanti altri. In occasione del centenario della nascita sono usciti molti libri che analizzano la sua figura e approfondiscono le tematiche sviluppate nei suoi scritti, in particolare nel volume Grammatica della fantasia. Introduzione all’arte di inventare storie (Einaudi, 1973) che rappresenta la sintesi del suo pensiero pedagogico e didattico, con particolare riferimento allo sviluppo della creatività e al potenziamento del pensiero divergente. In collaborazione con Enrico Strobino, nel volume Grammatica della fantasia musicale. Introduzione all’arte di inventare musiche (FrancoAngeli, 2011), abbiamo cercato di trasferire anche in ambito della didattica della musica le tecniche da lui indicate, quali il sasso nello stagno, il binomio fantastico, l’ipotesi fantastica, le storie come materia prima.
Concluderesti con una citazione che racchiude il senso di tutta la tua ricerca?
Mi permetto di prendere a prestito una frase tratta dal libro Grammatica della fantasia di Gianni Rodari: «“Tutti gli usi della parola a tutti” mi sembra un buon motto, dal bel suono democratico. Non perché tutti siano artisti, ma perché nessuno sia schiavo». Sostituirei il termine “parola” con “musica”: Tutti gli usi della musica a tutti non perché tutti siano artisti, ma perché nessuno sia schiavo.