La Federazione Il Jazz Italiano ha intervistato la fotografa Alessandra Freguja.
Alessandra nasce a Venezia e vive e lavora a Treviso. Fotografa in modo istintivo, spinta dalla necessità di fermare momenti, impressioni, sensazioni. Si dedica principalmente alla fotografia di concerti jazz (sua grande passione) ma ama fotografare qualsiasi situazione le permetta di aprirsi alle emozioni. La fotografia è il suo modo di incontrare ciò che la circonda, sia questo ad un concerto, durante un viaggio o semplicemente girando per la sua città. “Occhio” oggettivo nella forma e partecipato nell’avvicinarsi agli artisti in performance, Alessandra Freguja nei suoi scatti coglie, rivelandola, l’unicità dell’interpretazione musicale che in quel momento ha spinto il dito a fissare l’istante. Associata AFIJ dal 2020, documenta come freelance vari festival jazz in Italia e all’estero (Padova Jazz, Veneto Jazz, Caligola Music, Treviso Suona Jazz, Sile Jazz, Time in Jazz, New Orleans). Ha collaborato con Musica Jazz dal 2009 al 20016. Tra i musicisti che hanno scelto i suoi scatti per i propri cd o cartelle stampa: Ethan Iverson, Aaron Golberg, Tord Gustavsen, Omar Sosa, Kenny Werner.
Quando e come ti sei appassionata alla fotografia?
Mio papà aveva una macchina fotografica ed io ero totalmente affascinata sia dall’oggetto che dell’atto fotografico. La macchina lo trasformava in un supereroe con il potere di catturare i ricordi. Poi ho potuto tenerla io quella macchina fotografica e ogni volta che la impugnavo mi sentivo protetta e invincibile. E’ stato quindi naturale voler imparare le basi della fotografia e appassionarmi ai lavori dei grandi fotografi. Per un lungo periodo però la macchina è rimasta nel cassetto e solo con il digitale ho ripreso a scattare e ho riscoperto quella bellissima emozione.
Quale è stato il primo musicista che hai ritratto? Dove ti trovavi?
Non ricordo bene il musicista, sicuramente un artista locale come David Boato o i fratelli Tonolo. Ricordo però benissimo la sensazione, avevo tutti i sensi in allerta! Un misto di emozioni dalla tensione, alla paura, alla felicità. Mi capita ancora oggi e non dipende da chi sto fotografando, che sia un musicista famoso o un emergente è irrilevante.
Cosa desideri raccontare attraverso i tuoi scatti musicali?
Il mio desiderio è quello di raccontare l’atmosfera di un concerto, andare oltre al ritratto del musicista e cercare di catturare un’immagine che racconti cosa succede. Vorrei che guardando le mie foto si possano rivivere o immaginare l’emozione del concerto.
Hai viaggiato molto: quale è stata la meta che hai raccontato con più emozione e stupore?
Sicuramente l’Africa! È un continente magico, mi fa sentire le farfalle nello stomaco. L’Africa è piena di contraddizioni e non si può non mettersi in discussione di fronte a certe realtà. Ti sbatte in faccia le responsabilità di noi occidentali e lo fa in modo sincero, duro e vivo e addirittura accogliente. In particolare due paesi mi sono entrati sottopelle: Etiopia e Costa D’Avorio.
Quali sono le fonti più rilevanti delle tue ispirazioni?
Per me l’ispirazione è tutto quello che mi arriva diritto all’anima, mi emoziona e rimane li, in un angolino. E poi sento che pulsa quando voglio raccontare qualcosa con le immagini. Sicuramente la natura e gli sguardi delle persone sono per me fonti inesauribili di ispirazione. Poi tutto ciò che è arte figurativa (cinema, fotografia, pittura…) mi stimola e mi ispira.
Quali sono i punti di contatto tra musica e fotografia?
Musica (jazz soprattutto) e fotografia hanno molti punti di contatto. Ad esempio in entrambe si parte da una composizione fatta di regole che bisogna sapere per decidere se applicarle o romperle per creare un proprio linguaggio e stile espressivo. I nostri sensi sono tutti correlati e si stimolano a vicenda, vista e udito lavorano insieme ed infatti si parla di colore in musica e di ritmo in fotografia.
Quale è il tuo vissuto e quali le difficoltà (se le hai vissute) dell’emergere e svolgere la tua professione in quanto donna?
Fortunatamente l’essere donna non mi ha creato delle difficoltà particolari. Diciamo che noi donne siamo abituate a dover fare un po’ di fatica in più!
Perchè è importante l'esistenza di AFIJ -Associazione fotografi italiani di jazz?
L’associazione nasce dall’esigenza di fare squadra. Veniamo tutti da realtà diverse, qualche associato è fotografo professionista altri lo fanno per passione. Mettere insieme idee ed esperienze così diverse ci permette di trovare energie nuove per progetti nuovi. Essere poi parte della Federazione Il Jazz Italiano ci dà l’opportunità di creare sinergie importanti e spero se ne creeranno molte ancora in futuro. Ad esempio l’esperienza a L’Aquila di collaborare con un musicista di Midj (Francesco Ganassin) per creare una performance di musica e fotografia è stata un’esperienza intensa e formativa.