Abbiamo posto alcune domande a Ada Montellanico, presidente della Federazione Nazionale Il Jazz Italiano, per scoprire insieme la manifestazione Il Jazz Italiano per Le Terre del Sisma dal punto di vista di IJI.
1- Cosa rappresenta Il Jazz Italiano per le Terre del Sisma?
Il legame con la manifestazione è molto forte per tutti noi, musicisti e operatori che in questi anni hanno costruito quel gran movimento che è poi confluito nella costituzione della Federazione IJI. Nel 2015 IJI non esisteva ancora ma era appena nata Midj su mia iniziativa e di alcuni compagni d’arte, una importantissima associazione di musicisti di jazz che, affiancandosi alla storica I-jazz (dopo dieci anni dalla chiusura della prima realtà associativa Amj), ha ricreato la voce mancante, quella fondamentale, il motore della musica e di tutto ciò che le ruota intorno, e cioè i musicisti.
Nella prima edizione del 2015, su invito dell’allora ministro Franceschini, Paolo Fresu con la sua visionarietà ideò una gigantesca manifestazione, incentrata sul Jazz Italiano, come a rappresentare la voce degli artisti, quegli artisti che proprio con la nascita di Midj, tra le varie battaglie,rivendicavano la necessità di un maggiore riconoscimento e valorizzazione della nostra musica, volendosi così affrancare dall’idea preconcetta per cui il jazz viene considerato una musica di importazione o solo di matrice afroamericana, negando il cammino originale e autonomo che da alcuni decenni molti straordinari artisti italiani hanno percorso con una ricchezza di ricerca e creatività tali da poter parlare di jazz dalla forte identità nazionale.
In quella prima edizione abbiamo realizzato quanto fosse forte la potenzialità della nostra musica e quanto avremmo potuto, nel lavorare insieme (musicisti e operatori), portare avanti e realizzare un progetto più ampio e più ambizioso. Quella edizione fu magica, 60mila persone, L’Aquila inondata di musica e di gente, fu davvero commovente… Siamo tutti molto affezionati a questa manifestazione che ancora dopo nove anni mantiene la sua vitalità nel voler raccontare ogni volta la straordinaria ricchezza e il continuo evolversi del jazz e apre gli spazi a quelle espressioni che meriterebbero maggiore attenzione e visibilità.
2- Quale evoluzione ha vissuto la manifestazione?
Direi che in questi anni, anche grazie all’avvicendamento della direzione artistica, c’è stata la possibilità di aggiungere nuove visioni e nuove prospettive, si sono introdotte performance attraverso il dialogo con altre espressioni artistiche come la danza e il teatro. Dopo i primi 5 anni di direzione di Paolo si è scelta una guida di tre personalità con rotazione annuale: un/una musicista e due direttori artistici, un senior e l’altra/o giovane particolarmente innovativo nella linea artistica del proprio festival. Interessante il coinvolgimento di personalità così differenti, da cui scaturisce sempre un vivace confronto che giova fortemente all’evento apportando movimento e una maggiore ricchezza e pluralità nella proposta artistica.
Altro cambiamento importante, che ha ancor di più consolidato il rapporto già molto radicato con il Comune dell’Aquila e la cittadinanza, è che dal 2020 la titolarità e tutta la gestione e logistica sono affidate a una associazione “Il Jazz all’Aquila” in cui c’è una larga rappresentanza aquilana a garanzia del maggiore coinvolgimento e dello stretto legame con il territorio.
3- Come è coinvolta la Federazione Il Jazz Italiano in questa edizione?
La Federazione anche con la nascita dell’associazione Jazz all’Aquila, con cui c’è un solido e costruttivo rapporto, rimane sempre garante e ideatrice della manifestazione, sia nell’organizzazione che nella scelta dei direttori artistici. Altro fattore importante è la sempre maggiore partecipazione delle associazioni afferenti alla federazione.
Fin dal 2015 c’è sempre stata una area educational in cui si ospitavano realtà nazionali dedicate alla formazione musicale per i bambini con particolare riguardo all’improvvisazione e al jazz, ma nel 2019 lo spazio passò alla neonata associazione Il Jazz va a scuola, che ho presieduto nel primo mandato. Da quell’anno per i laboratori sono state coinvolte le realtà scolastiche della città, in particolar modo importante e costruttivo è stato il rapporto instaurato con l’istituto comprensivo Dante Alighieri. Quest’anno l’associazione ha creato dei laboratori per bambini con il coinvolgimento del Conservatorio dell’Aquila e di alcuni docenti. Dallo scorso anno, oltre a Ijvas c’è una partecipazione maggiore anche delle altre realtà associative, Midj ha ideato dei bandi da cui poi sono stati scelti progetti artistici che faranno parte della programmazione. Midj, insieme ad Afiji, ha ideato un interessantissimo progetto in cui fotografia e musica entrano in dialogo in una performance molto creativa, basata sull’improvvisazione. Sempre Afiji ha ideato un bellissimo laboratorio di fotografia per i bambini, che saranno i nuovi fotografi della manifestazione: sarà affascinante vedere il loro racconto per immagini in cui scopriremo quali saranno stati i momenti, le persone e i concerti più interessanti ai loro occhi. Adeidj ha ideato delle playlist di Jazz italiano create dalle etichette associate che verranno diffuse sui palchi e ci sarà uno spazio da loro gestito insieme a Ritmo Sincopato con approfondimenti e interviste in cui verranno raccontate live le giornate del festival. Insomma, quest’anno oltre alla splendida e interessantissima programmazione ideata da Roberto Ottaviano, Francesca Corrias e Fausto Savatteri, ci sarà un bel movimento…
4- Perché partecipare?
L’Aquila è un appuntamento immancabile per tutti, musicisti, operatori, fotografi, giornalisti… rappresenta anche un momento in cui stare insieme, confrontarsi, fare il punto della situazione del nostro mondo musicale, progettare il futuro, discutere sulle criticità, fare squadra. Sono giorni di grande rapporto umano, giorni in cui si incontra tanta gente, c’è modo di rivedersi, riprendere i contatti, e poi c’è tanta bella musica, sparsa per la città e tanto pubblico (aquilano e non) che ormai ogni anno ci aspetta con calore, affetto e curiosità.
5- Cosa ti aspetti per l’edizione 2024?
Intanto ci saranno altre tre forti personalità a guidare l’edizione del 2024 e quindi siamo tutti in attesa di sapere quali saranno le loro idee. Personalmente e come presidente di federazione, stimolerò un maggior dialogo tra i tre direttori e tutte le associazioni, così da rendere ancora più collegiale e in connessione le proposte artistiche. La mia idea è invitare 4 direttori artistici europei e due italiani e alcuni giornalisti europei; per questo possiamo contare sullo stretto rapporto che abbiamo con Europe Jazz Network (rete di quasi 200 jazz festival europei). Sarebbe importante dare una apertura internazionale alla manifestazione e far ascoltare la nostra musica agli operatori stranieri con l’augurio che possa maggiormente circolare fuori dai confini nazionali.
La nostra musica rappresenta una eccellenza italiana, va supportata e va fatta conoscere. Grazie al lavoro di Midj dopo alcuni anni si è arrivati ad avere un supporto da parte del Maeci gestito da Italian Music Export per l’esportazione di gruppi italiani. Uno strumento che tutti gli Stati europei hanno da decenni e che a noi è sempre mancato. Mi auguro ora possa avere maggiori risorse e che dopo alcuni anni di lavoro della federazione con il Mic si raggiunga l’obiettivo di realizzare uno showcasing biennale del jazz nazionale come già accade per la danza, che da molto tempo può contare sul progetto Nid. Dopo 10 anni, anche se con estrema lentezza, per ragioni che di certo non sono imputabili a noi, stiamo man mano raggiungendo dei risultati molto importanti. Venivamo da una situazione di totale deserto e non è stato facile, ora ci sarà da consolidare e andare avanti, e ci auguriamo ci possa essere ascolto e attenzione da parte dei nuovi referenti istituzionali. Come allo stesso tempo mi auguro ci sia sempre maggiore consapevolezza da parte dei musicisti e degli operatori della necessità oggi più che mai di una partecipazione attiva e dialettica, di una maggiore compattezza e solidità. Il jazz italiano per le terre del sisma rappresenta l’arduo ma avvincente cammino di questi dieci anni, ma la strada da fare è ancora lunga…